Andrea Rossi: Workshop sui fermentati


Primo di Dicembre. Sono venuta a sapere che al Poma replicano il corso sui fermentati del quale avevo sentito parlare l’inverno  scorso. Quest’anno, tuttavia, oltre ai quattro o cinque incontri, sarebbe stato anche possibile partecipare ad un workshop di una giornata intera su questo mondo conosciuto, ma, a pensarci bene, neanche  troppo.

Il Poma, si sa, è una garanzia. Il posto incanta, nel vero senso della parola. L’accoglienza è discreta e gentile. Tutta l’atmosfera è caratterizzata da creatività in tutte le sue forme. D’altro canto ho conosciuto Andrea Rossi come  un uomo eclettico, passionale, e dalla mente aperta. In teoria, quindi, la mia presenza sarebbe stata scontata se non fosse per il fatto che “fermentati”, per me, significa Sauerkraut o Choucroute tanto caro agli alsaziani, crauti fermentati insomma. Ammetto che non sono mai e poi mai riuscita a farmele piacere e, infatti, i sapori acidi, agri, aspri o pungenti non mi entusiasmano per niente.

 


 

Però, è vero anche che quasi tutti noi, anche io, usiamo cibi fermentati tutti i giorni sotto forma, che so,  di formaggio, pane o yoghurt. Chi poi, mi chiedo, non saprebbe apprezzare ogni tanto un calice di vino frizzante o  un bel bicchiere di birra? Perciò sì, volevo condividere l’esperienza  anche io per scoprire cose che non so ma che, magari, nella vita di tutti i giorni potrebbero essere utili.

 

 

La postazione si trovava in una grande stanza con due tavoli. Uno, il nostro, con  taglieri e coltelli e l’altro, quello del docente, colmo di ogni ben di dio… verdure, cereali, legumi, frutta, erbette, spezie, vasetti misteriosi contenenti chissà cosa, contenitori con liquidi gialli, marroni e rossi e una grande scelta di libri sull’argomento. Molto interessante!

 


Il gruppo era piccolo, ma ben assortito. Si vedeva che nessuno partecipava perché non sapeva come passare il tempo. Il nostro conduttore ha iniziato il laboratorio con l’attivazione della nostra circolazione attraverso un veloce massaggio degli arti seguito da qualche respiro profondo. Insolito, ma giustissimo.

 

 


Sarebbe stato davvero interessante sapere in che modo i nostri antenati scoprirono la fermentazione di cibo e la preparazione di bevande alcoliche fermentate. Per caso, mi imagino, o per necessità.

 

 

Comunque sia, durante le tre, quattro ore che seguirono il nostro insegnante ci ha aperto il colorato mondo gustoso e in qualche modo misterioso della fermentazione rivolgendosi a noi come se fossimo al suo pari. Molto gratificante, certo, ma non sono completamente convinta che tutti abbiano appieno compreso quello che ha detto. Io no di certo ma il suo modo di parlarci, l’entusiasmo e il grande studio della materia erano così coinvolgenti che non avrei voluto perdere neanche un secondo di quello che diceva.

 


Insieme alla lezione ha voluto anche parlare della sua visione del mondo. Siamo consapevoli di quello che sta succedendo intorno a noi? Prendiamo antibiotici solo se davvero necessario? Ci rendiamo conto che un impiego esagerato di antibatterici si potrebbe rivolgere contro di noi? Abbiamo chiaro che siamo in prima persona responsabili per il nostro modo di vivere? Ci prendiamo adeguatamente cura del nostro corpo e della nostra anima?

 

 

Sì, ci ha dato molto su cui riflettere.

Nel pomeriggio abbiamo proseguito con la parte pratica, cioè l’introduzione alla fermentazione con batteri, lieviti e muffe. Kefir (bevanda ricca di fermenti lattici), kimchi (verdure fermentate con spezie), kombucha (bevanda frizzante ottenuta dalla fermentazione di tè zuccherato), svariate verdure e frutta sotto sale o in salamoia.  Il nostro insegnante aveva portato dell’ottimo pane fatto con lievitazione acida, perfetto per gustare al meglio le bontà fatte proprio da lui che avevamo viste nei barattoli appena entrati. Per la gioia del gruppo non si era nemmeno dimenticato qualche bottiglia di bevande fermentate appena appena alcoliche. Una delizia!


 

Infine ci siamo sbizzarriti con una nostra primissima e personalissima ricetta utilizzando quello che si trovava sul tavolo:  cavolo rosso mescolato con mele; una miscela di dadini di verdure come per un soffritto; finocchio con arance e pepe rosa, verde e nero. Al calcolo della corretta quantità di sale ha pensato il nostro docente. Verso Natale, con un po’ di fortuna, potremo assaggiare i nostri (spero) capolavori.

 


Ormai è risaputo che i microrganismi nel cibo fermentato sono un toccasana per la salute del nostro microbioma. Infatti, una ricca e intatta flora batterica ha effetti positivi su molte malattie incluso stati infiammatori, diabete e pressione alta. Quello che non sapevo è che più del novanta percento dell’ormone della felicità, la serotonina, è prodotta nel nostro intestino. Quindi, partecipare ai prossimi corsi non mi sembra proprio una cattiva idea. Anzi. Ho già pronta una lista di cose che voglio chiedergli: Siamo tranquilli che i fermentati siano sicuri? Chi non li ha mai mangiati deve abituare l’intestino con piccole dosi? Che cosa sono Dosa, Idli, Panjaram, Tempeh? Andrea è avvisato…

 

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3 Comments

  1. Fausto Giusti

    Interessanti, come sempre, le esperienze di Anneliese che sa trasmettere le emozioni. Anch’io ho provato col kefir : sono sapori particolari cui sono poco abituato ma sicuramente hanno una valenza positiva x il nostro corpo. Grazie e bravissima.

    1. Agnese

      È un mondo tutto da scoprire…

  2. Alessandro

    Interessante la questione della seratonina, mi risparmierò le camminate per buttarmi su qualche bicchiere di vino.

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