Una raccolta di olive: Qualità dell’olio d’oliva
3. Domenica
Le persone che oggi partecipano alla raccolta sono le stesse della domenica passata. La loro età va da cinque a circa settanta’ anni e ognuno ha il suo ruolo. Io, l’ultima arrivata, faccio sempre lo stesso lavoro, il più umile. Questo, naturalmente, me lo spiegano solo alla fine delle otto domeniche…
Mi rendo conto che ci sono lavori prettamente maschili ed altri esclusivamente femminili. In nessun caso un uomo si inginocchierebbe per terra a raccattare le olive. Mai una donna monterebbe su una scala per raccoglierle direttamente dai rami. Immediatamente L a mia indole ribelle mi fa scattare un sentimento di protesta. Non posso certo accettare una tale ingiustizia! Mando alcune frecciate che però non vengono raccolte. Non si discute sulla superiorità maschile, almeno per quanto riguarda i lavori nell’oliveto. Però, vedo che anche le donne non hanno interesse a proseguire per questo sentiero.
La disparità riguarda la divisione del lavoro. Ognuno rispetta l’opera dell’altro e sa che, senza il contributo da parte di tutti, la raccolta sarebbe irrimediabilmente compromessa. Non posso negare che dentro di me comincia a maturare una decisione irremovibile. Prima o poi monterò su un olivo anche io e raccoglierò le olive da lassù!
La “raccattatura”, questa è la parola corretta per il mio incarico principale, al contrario di quello che si può pensare, va saputa fare e ha una sua tecnica. Non si possono raccogliere indistintamente tutte le olive cadute per terra. Nossignore! Ci sono quelle dell’anno scorso che non vanno bene. Quelle bacate nemmeno, naturalmente neanche quelle gonfie di umidità, né quelle sporche. In pratica, si tratta di scegliere drupe che sono cadute da poco o che comunque, toccandole, risultano belle sode. Insomma, sembra che non ci voglia cervello a raccattare le olive da terra e invece non è così.
Che dire. Starò attenta. D’altra parte, per secoli anche le olive cadute a terra sono state preziose. Lasciarle marcire lì era un imperdonabile spreco. Molte famiglie che producono per il proprio consumo, la pensano ancora così. Fra questi anche i proprietari del “campo” dove raccolgo io. Nel De agricoltura di Catone l’autore, egli stesso proprietario terriero accurato ed attento fino alla taccagneria, consiglia, infatti, di non lasciare a terra neppure un’oliva.
Quelle in condizioni peggiori potranno sempre essere usate come cibo per gli schiavi. Dopo una breve stufatura in forno, destinata ad asciugarle e a uccidere eventuali larve, queste olive di scarto saranno unte con un po’ d’olio, cosparse di sale e poste in una giara di coccio. A questo punto, si verserà su di esse la murca, cioè la fondata dell’olio in modo da ricoprirle. Il tutto, condito con abbondante aglio e qualche grano di pepe, costituirà un companatico ottimo e saporito. Soprattutto per chi ha molta fame e non può discutere sulla qualità del cibo che gli viene offerto.
Le altre modalità di raccolta hanno nomi e sistemi diversi; la “brucatura”, per esempio, consiste nel cogliere le olive a mano dai rami raggiunti tramite scale con cesti o teli per attutire la caduta. È’ il metodo migliore, anche se molto costoso, la mano d’opera, si sa, costa. Poi c’è la “pettinatura”, dove si passa un pettine di legno tra i rami che, senza danneggiarli, fa cadere le olive sane. Purtroppo però anche quelle guaste e le foglie.
Nella “scrollatura” si scuotono manualmente i rami e si fanno cadere le olive su teli, ma spesso cadono solo quelle mature. Nella “bacchiatura” si percuotono i rami con pertiche per fare cadere le olive sui teli sotto gli alberi. Infine, c’è la “raccolta meccanica”, con macchine aspiratrici o scuotitrici che riducono considerevolmente i costi. A causa delle loro dimensioni, tuttavia, esse possono essere usate soltanto su terreno piano. Visto che il novanta per cento degli oliveti toscani si trova su pendici piuttosto ripide, questo metodo non può essere adottato.
Alla fine della giornata, non sento più la schiena. Le ginocchia sembrano un’unica ferita dolente, ho freddo, piedi e mani sono congelati ma sono soddisfatta del lavoro. Ben duecento chili di olive e poche (!) foglie sono visibili in pile di cassette proprio davanti ai miei occhi.
Quando, quella settimana, vado a fare la spesa al supermercato, il mio sguardo cade su scaffali e scaffali di olio. Soprattutto di oliva d’oliva ovviamente e decido di fermarmi davanti ad uno particolarmente ricco di bottiglie. Com’era il discorso? Già: olio extravergine di oliva, olio di oliva, olio di sansa di oliva. Mi viene un dubbio: che abbia troppo semplificato?
Arrivata a casa, decido di chiedere al mio vicino, un vero esperto in materia:
“Dunque, mia cara signora, secondo le attuali leggi, gli oli di oliva che possiamo acquistare nei negozi e nei supermercati sono distinti come segue (ovviamente in relazione alle tecnologie di produzione e a determinate caratteristiche chimiche, prima fra tutte l’acidità libera – espressa in grammi di acido oleico per cento grammi di olio):
Olio extra vergine di oliva
Estratto per semplice molitura delle olive, con un’acidità massima dell’1%, può considerarsi il prodotto qualitativamente migliore.
Olio di oliva
Con un’acidità non eccedente l’1,5%, ottenuto dalla miscela di olio di oliva raffinato e di olio di oliva vergine. Poiché l’olio di oliva vergine è miscelato e raffinato, secondo la legge italiana non può essere considerato un prodotto “agricolo” bensì “industriale”. Di conseguenza è severamente proibito venderlo in bottiglie con un’oliva raffigurata sull’etichetta.
Olio di sansa di oliva
Risultato della miscela di olio di sansa raffinato e di oli vergini, anch’esso con acidità non superiore all’1,5%.”
“Non è facile perdersi in questa giungla di sansa, vergine, extra vergine, oli raffinati, acido oleico e tutto il resto?”
“Lo è, in effetti. L’unica via d’uscita è affidarsi all’onestà del produttore. Fondamentale è un esame accurato dell’etichetta sulla bottiglia. Ci dà, in effetti, indicazioni riguardo alla serietà del produttore e alla qualità della merce. Tanto più un olio è corredato da dati analitici di accompagnamento, tanto maggioritari sono le probabilità che il produttore sia affidabile e il suo olio buono. Mi sono spiegato?” mi chiede, sorridendo. Io, contraccambiando il sorriso, rispondo:
“Veramente no. Posso chiederle che tipo di informazione deve essere scritto sull’etichetta?”
“Vediamo. Innanzi tutto il tipo di olio, cioè extravergine, olio di oliva o olio di sansa di oliva. Poi la quantità di olio contenuta nella bottiglia, la data di confezionamento e di scadenza. Fondamentali anche l’identità del produttore e tutte le informazioni utili al suo reperimento. Cerchi marchi come “extra vergine” o “biologico”, che garantiscono un olio di alta qualità ottenuto rispettando i seguenti punti:
- inizio della raccolta quando le olive assumono un colore rosa-violaceo
- diminuzione del tempo in cui le drupe rimangono a contatto con il suolo
- sistemazione delle olive raccolte in contenitori ben areati con uno spessore di volume massimo di dieci centimetri
- lavorazione delle drupe nel più breve tempo possibile
- cambio continuo dell’acqua di lavaggio
- accurata pulizia dei macchinari
- nessun surriscaldamento della pasta delle olive durante la lavorazione
- conservazione dell’olio ottenuto in contenitori idonei per alimenti
- ripetuto travaso dell’olio per eliminare eventuali residui
- conservazione dell’olio lontano da fonti di calore e di luce.
“E che cosa significa “olio extra vergine di oliva da agricoltura biologica?”
“Per ottenere l’autorizzazione di contrassegnare il proprio olio con l’indicazione “prodotto ottenuto da agricoltura biologica” è necessario che olivicoltori, frantoi, imbottigliatori e commercianti, insomma tutti gli addetti coinvolti, siano assoggettati al sistema di controllo di una struttura riconosciuta dallo stato. Tutti i lavori fatti nella propria ditta e gli spostamenti delle merci e delle materie prime impiegate devono essere riportati su particolari registri verificabili da tutti.
Solo se l’utente finale conosce gli sforzi necessari per ottenere quell’olio, sarà in grado di riconoscere il vero valore del prodotto. Le maggiori ispezioni servono per evitare frodi e concorrenza sleale. Inoltre anche per stabilire un rapporto di reciproca fiducia tra il produttore ed il consumatore. Obiettivo della coltivazione biologica è la produzione di alimenti sani e di alto valore nutritivo, salvaguardandoli da residui chimici. Importanti sono poi
- impiego di risorse rinnovabili e risparmio energetico
- procedimento e lavorazioni appropriati per prevenire malattie vegetali
- miglioramento dell’impatto sociale ed ecologico
- garanzia di controlli accurati che certificano la qualità del prodotto, nel rispetto della natura.”
“In pratica, che cosa vuol dire?”
“Significa che se il proprietario del terreno sul quale state raccogliendo le olive volesse trasformare il proprio pezzo di terra in terreno adatto all’agricoltura biologica, si prenderebbe una grande responsabilità. Non solo. Infatti, dovrebbe tenere e conservare il suo oliveto in ottimali condizioni limitando l’impiego dei fertilizzanti naturali e vegetali autorizzati nonché i trattamenti antiparassitari. E’ sottinteso che dovrebbe raccogliere le drupe seguendo le severe regole sopra menzionate che vengono rispettate da tutti i seri produttori di olio di oliva.”
“Grazie davvero di aver condiviso il suo sapere con me!”
“A disposizione!”
La domanda che mi si pone, alla luce di questi fatti, non è tanto “Perché un olio di prima qualità costa così caro?”, quanto “perché un olio di prima qualità costa cosi poco?”
Non è logico e non ha senso. Ma noi, che non stiamo proprio raccogliendo le olive seguendo tutte le indicazioni per garantire un olio extra vergine o biologico, siamo lo stesso convintissimi che nessun altro olio potrà mai competere con il nostro.
Photo credit imagine copertina: F.A. Cecchi, affresco Il Mito di Minerva, Villa di Forci, Pieve Santo Stefano, Lucca. Camera di Commercio, Lucca. Nel paesaggio del vino e dell’olio.
Fausto Giusti
Bel commento, come al solito. Trasmette entusiasmo.
Agnese
Grazie Fausto. Adesso vediamo l’articolo sulla degustazione. Ci sarà da ridere…
Alessandro
Una bella carrellata nel mondo dell’olio, tra la storia e gli aspetti più concreti. Molto affascinante benché un noto Toscano ricordava che il mondo si divide in due parti: chi usa il burro e chi ama l’olio.
Agnese
Grazie Alessandro. Vediamo che cosa pensa dei prossimi articoli…:)